Il colibrì e la luna

Allungo' il beccuccio. Si stiro' le alucce. Agito' le penne. Le arruffo'. Poi ad una ad una se le rimise a posto guardandosi in una delle gocce di rugiada che come tutte le mattine costellavano le foglie intorno al suo nido. Suo...Loro che ancora era un piccolissimo colibri' e abitava coi suoi.

Si guardo' intorno. Butto' giu' con malavoglia l'ultimo vermicello che la mamma gli metteva nel becco. Impaziente, come sempre, di svolazzare a giro sotto i caldi raggi del sole. La pioggia proprio non la sopportava. Gli appesantiva le piume e gliele rovinava pure. Diventavano tutte scure e appiccicose. Che c'era sempre quel gruppo dispettoso di fringuelli che gli buttavano addosso il fango. Un giorno si' ...avrebbe...

"Ma quanto crescero' mamma?"

"Non tanto," scosse lei il capino guardando il babbo che si pavoneggaiva su un cespuglio di mirtilli. Giorno di festa, raccolta speciale.

Poi gli diede un colpo col becco . "Non avevi tanta fretta di girare per il mondo? Vai su, che qui ho tutti questi rametti da riordinare."

Impaziente e pigro. Altalenava cosi'. Si giro' un'ultima volta .."si' si'...me lo ricordo". La canonica ora della cena. Puntuale!

E invece. Gira qui gira la', inseguendo farfalle e insetti e dando la caccia a qualche bruco, la notte calo' e il piccolo colibri' si trovo' tutto solo a svolazzare per radure che non aveva mai visto prima. Trovo' un cespuglio di more. Mangiucchio' qualcosa. Impaurito, si', ma l'appetito era rimasto, e poi cerco' un anfratto sicuro dove passare la notte.

Comodo e caldo, penso', infilandosi fra delle piume grigie che pero', punzecchiate, lo scossero via malamente.

"Scusi signor Gufo, non la volevo disturbare".

Il Gufo bofonchio' e si rimise a fissare verso la stessa direzione. Non appena si fu riaggiustato le piume, arruffate piu' dall'imbarazzo che dal capitombolo, si accomodo' fra due rami sempre con un occhio al Gufo.

"Chissa' che guardava..."

E fu cosi' che la vide. Tonda. Piena. Luminosa e, in qualche modo calda, anche se non aveva il tepore del sole del mattino. Ma non bruciava come quello dello zenit del mezzogiorno.

Timidamente, ma deciso, si avvicino' al Gufo.

"Scusi signor Gufo, scusi se la disturbo."

Sgrunt fece il Gufo.

Lo guardo' fisso e meno impaurito. Quasi quasi gli faceva anche simpatia. Piu' che un 'lasciami in pace' gli suono' come un 'dimmi, scricciolo'.

"Scusi..." ripete'. "Che cosa e'?" puntando col sottile ma lungo beccuccio verso l'oggetto misterioso.

"La lu na" ripetè il piccolo colibrì lentamente. " Che sapore ha la luna?" schioccando il beccuccio come se la stesse già assaporando. Allo sguardo da allocco che gli venne di risposta, mise in moto le ali e torno' imbarazzato sul suo rametto.

Pensando e ripensando al sapore della luna, piano piano si addormentò, risvegliandosi, il mattino dopo determinato a scoprire che sapore avesse quel frutto tondo e argentato. La vecchia cornacchia, diceva il babbo, doveva andare dalla vecchia cornacchia. Lei aveva la risposta a tutto.

Cerco' di ricordarsi dove abitava. Il grande faggio sulla riva del fiume? No. Scosse il capino deciso. La radura di abeti? Nemmeno. La quercia solitaria sulla collina? Nemmanco. Passò in rivista tutta la mappa mentale che si era fatto nei suoi vagabondaggi, senza pero' riuscire a ricordarsi dove abitava la vecchia cornacchia. Agitò il beccuccio infuriato. Poi decise di appostarsi sulla vecchia quercia. Da lì avrebbe visto bene tutta la zona e magari si sarebbe ricordato.

Catturo' col becco un bruco che se ne andava per i fatti suoi e fatto rifornimento volò a grande velocità verso la quercia. Dopo pochi minuti avvistò la vecchia cornacchia, che passava diretta per chissà dove. Si lanciò all'inseguimento e la bloccò in un momento sul ramo di un olmo.

"Scusi...scusi..." ansimò.

"Sì?" rispose la vecchia cornacchia. "Le volevo chiedere..." "Chi sei? Chiese lei perentoria."Numerino? Come ti chiami?" tirando fuori dalle penne nere l'agendina degli appuntamenti. "Beh, io, veramente non avevo fissato nessun appuntamento. Posso chiederle...". Guardò l'orologio che aveva alla zampina. "Va bene! Sono un po' in anticipo sul prossimo. Ma veloce, figliolo, che se faccio tardi ..." pensando alla famiglia di porcospini che l'aspettava.

"Beh, senta, io volevo assaggiare la luna, ma come ci arrivo?" La vecchia cornacchia socchiuse gli occhi e poi, afferrata al volo una farfallina che passava di lì, parlò, come sempre, in rima.

TROVAR DOVRAI TRE PAPPAGALLINI

ROSSO VERDE E GIALLO

POI PUNZECCHIARLI TU DOVRAI

MA ATTENTO CHE

SOL SE L'ORDINE GIUSTO SARA'

LA LUNA TU POTRAI ASSAGGIAR

Rima...versi. Che non invero non v'era alcuna rima che splendesse a primavera.

"Gra..."non fece a tempo a ringraziarla che la vecchia cornacchia era partita a gran velocità. Un bolide nero dei cieli.

Il nostro si mise subito a svolazzare in qua e in là cercando i pappagallini. Le ore passavano, ma dei pappagallini non c'era traccia. Sentendosi sempre piu' giu', l'aveva ingannato quella cornacchiaccia, si domandò, e stanco per tutto quel volare senza una direzione decise di riposarsi un po'.

Cerco' un punto di atterraggio. Eccolo. Quel davanzale lì. E così fece. Riaggiustatosi meditabondo le piume si voltò verso quella finestra. Un altro po' e ruzzolava giù. Sentì qualcuno ridacchiare, se così si può dire. Ciangottare, ad essere precisi. E li vide. Non solo ciangottavano, ma gli rifacevano pure il verso, mentre si aggiustava le piume e si ammirava in una goccia di rugiada immaginaria. Si agitò e gonfiò tutto agitato dalla stizza.

Puntò verso la gabbietta, beccuccio a spadino e...Aspetta un po'. Si posò sul tavolino del caffè. Li contò. Uno...due ...tre. Rosso giallo e verde. Devono essere pappagalli. Doveva fare pace. Proprio non sopportava essere preso per le piume, però.

Ma la luna la luna il sapore della luna...Inghiottì l'orgoglio ferito e con un rapido volo si posò sulla mensola. Si presentò e raccontò la sua storia. I pappagallini, incuriositi, si dissero dispostissimi ad aiutarlo, ma come potevano fare? Chiusi come erano nella gabbietta. Cominciarono a punzecchiarsi fra di loro.

"Ehi!" esclamò il colibrì "lo so io come!".

Lo guardarono allocchiti. Lui infilò il beccuccio nel buchino della gabbietta e dopo qualche tentativo, gira a destra gira a sinistra, l'aprì.

Subito i tre uscirono, o meglio, tentarono di uscire. Si ammucchiarono in uno strano uccellino multicolore sul piccolo uscio.

"Prima io" "No io" " No io!". Quello rosso gonfio' tutte le piume e respinse gli altri due indietro. Il giallo mantenne la posizione allargando le alucce. E infine il verde, striminzito, si fece largo fra i due che se ne stavano parcheggiati lì come due sciocche allodole.

"Andiamo!". Insieme arrivarono sul rametto del colibrì giusto in tempo per il calare della notte. Come raccontato, il grande cerchio argentato comparve lassù. Il colibrì si impunto' fra il rabbioso e l'ansioso sulle zampine.

"Ne manca un pezzettino! Chi se la sta mangiando?" Doveva arrivarci subito. Prima che sparisse. Si agito' arruffando, in ordine, tutte le penne e le piume. Ma poco importava. Doveva arrivare, e presto, alla soluzione.

PUMFETE

Perse pure una piuma. La raccolse. Non era sua. Il babbo. Sì. Era la piuma che gli aveva regalato quando era ancora implume alla nascita. Appena si era schiuso l'uovo. Così ti ricorderai del tuo babbo e dei suoi insegnamenti. Il vocione paterno battè sotto le sue alucce.

Ed infatti, come per magia, maturo maturo acerbo. Rosso più maturo di giallo. Verde acerbo. Li fece allineare sul rametto. Li punzecchiò uno ad uno e...apparvero, in ordine, due maschi ed una bambina.

Quello acerbo si mise in piedi appoggiandosi sulle spalle degli altri due. Il più alto dei tre. Il colibrì svolazzò di spalla in spalle e, salito sulla testa del terzo, finalmente raggiunse la luna.

Trepidante infilò il beccuccio nel grande frutto argentato e piano piano si scavò un buchino. Ed ecco perchè la luna cresce e decresce.

I tre pappagallini? Tornarono tali e tornarono alla loro casa. Fuori dalla gabbietta però.

"Sono sicura!" diceva mamma colibrì al babbo colibrì pensoso "Non so come ci è arrivato tuo figlio, ma sono sicura che quel beccuccio che spunta qua e là dalla luna è il suo". Scettico, babbo colibrì becchettò affettuoso col suo, il beccuccio della moglie.