Dice la luna:io ho sete di stelle! Pablo Neruda

09.10.2018

 CRESCENTE Pianin pianino Cambia la bimba Nel suo lettino. Cresce la donna Nel suo fagottino. La luna la guarda Rossa Ammicca Sorride. 28 i giorni Cade una goccia Nasce Un giorno Un bambino. Piena di latte Una tazza La sera Sul comodino. La mano si appoggia Leggera Sul suo pancino E gira gira Una leggera pressione Del dito indice Destro sinistro Dove duole Il ciclo. Cinque sei giorni Respira La bimba Pianino pianino. Profonda dal cielo La guarda La luna Ancora crescente Della bimba Con un raggio Sfiora la fronte. Tondi si fanno i fianchi Si allunga forte leggera La spina Vola leggera la mente Accompagna Del cuore Il battito Crescente.

PIOVE NON PIOVE

Patchwork biografico di reale e sognato fra partenze e ritorni sulla soglia del tempo

Leoncelli o Leonini? Al momento non lo sappiamo. Ma le dedichiamo a tutti quei ranocchietti, quanti ne rimanenvano attaccati quando soffiava sui soffioni boraciferi, tani saranno i figli le diceva la mamma quanti..., che si tufferanno in queste ed altre letture con avide bocche di leone.

Principe o ranocchio?

Intanto la nostra principessa scribacchiava accoccolata sul davanzale della finestra del castello paterno. E materno. Come fini' la storia? Sposo' 'Il Principe Truce'? Ed anche questa andrebbe scritta da capo a coda. Di testacoda, la nostra ranocchietta ne aveva avuti.

E anche provocati.

"Scusi scusi..." disse al principe piovuto dal cielo. Si accomodi. Una tazzina? Piccola di ceramica. Piena di fantasia. Ma si', a 2 anni. Poi, la notte, si addormentava con quel sogno ricorrente. Lei, la principessa, se ne stava nel suo castello u te ri no, aveva scritto correttamente si', mentre il suo principe era laggiu' laggiu' su quell'isola lontana. Il blu degli occhi il mare agitato delle sue battaglie allora a lei sconosciute. Prima preghiera inespressa. Me ne dai uno uguale? O quasi. Il fratello. Prima. Poi un Ranocchio Collarino. Poi un ninja verde ramarro.

Vicino. Lui? Telefonini? Sia mai. A quell'epoca, trenta anni e passa, le comunicazioni viaggiavano sempre su ali colorate, ma quelle del pappagallo del suddetto principe. Pappagallo e principe? O pappagallo o principe? Gli abiti scelti dalla regina adottiva erano sicuramente sgargianti.

Lui abbagliante con la sua chioma d'oro. E i 250 cavalli. L'elmo bianco bombato. Bianco, una speranza e promessa. Qui, pero', abbiamo fatto un salto nel tempo. Prima dell'epoca dei ninja, molto prima, ma certi fanalini di coda restano. Non si scordano mai.

In effetti si', il ranocchio, a ripensarci bene e per onore di cronaca storica, era venuto dopo. E poi, come dice il vecchio adagio, anche se nessuno dei due lo era, salva la timidezza, per ogni ranocchio che salta via c'è un rospaccio dietro l'angolo.

Bravi! 'Il Principe Truce.' Come si è intrufolato in questa storia? Scrivere l'ultima pagina con la fantasia sempre facile, si diceva, sfogliando ansiosa le pagine del romanzo che stava leggendo per sapere se si' era un si' fra i due oppure, un no quell'altro? Diede un morso alla mela che aveva sul tavolo accanto alla poltrona gialla con le lucciole, suppelletile familiare che si era portata dietro anche a casa nuova. Qui le note volavano. Ogni giorno.

Continuava a leggere tranquilla, quando, all'improvviso si sentì un colpetto alla finestra. Alzo' la testa, guardo' ma non vide nessuno. Poi di nuovo un altro ed un altro ancora. E lo vide sollevarsi per aria. Non il suo di guanto. Che quello era saltato magicamente via dalla cartella qualche anno prima. Giallo e verde. Come la sciarpa. La madre l'avrebbe rimbrottata per anni.

No, era un altro guanto. Alla quarta quinta volta lo vide. Il paraurti posteriore che scivolava dietro l'angolo. Un bagliore del sole che ci si specchiava e spari'. Poi lo sbattere del portone...ah già bravissimi i miei piccoli ascoltatori. Quando mai esistono i castelli condominiali?

Mai! Nemmeno nelle favole. Fu la sentenza decretata all'unisono.

E allora mi concederete un bivio narrativo.

Una ridda di occhietti la guardo' pensosa e curiosa. Ma si'...Intinse la piuma nell'inchiostro.

Ma come! Non c'erano i computer? I tablet? Gli smart...

Ma dove vivete? Siamo nel mondo delle favole!

Tacquero.

Ecco! Ci risiamo. Un giorno dopo l'altro. Ogni volta alla fine dei suoi giri il guanto che volava e urtava con leggera determinatezza la finestra. Lei se ne stava rintanata sulla sua poltrona gialla come il suo sole. Impaurita, forse, dal calore della vicinanza dei suoi raggi? Fatto sta, che quando lo incrociava arretrava rapida come la luna. Dileguandosi e lasciandolo in un cono d'ombra meditabondo. Il che aggiungeva al suo sparluccicare. Quanto al...non era il Ranocchio Sparluccicone. Ancora, il cuore le saltava nel petto con una crescente e velata tristezza al ricordo.

La storia si ripetè per anni fino a quando quel giorno, forse forse intuito, dal velo che ombreggiava il gelosamente raro ma luminoso sorriso di lui, non senti' piu' il rumore del portone che si chiudeva col tintinnio dei battenti. Una piuma leggera le scese nel profondo. Ne aveva 14.Il cuore alla Prima Comunione.

Aspetto' chiusa nel suo castello, interiore, Teresa ci perdoni questo furtarello, Giovanni non sarebbe apparso che molti anni dopo dall'altro lato della grata per i doni personali ricevuti (incluso il rospaccio, poi diventato pure sdentato, con cui nei primi anni di scuola si azzuffava in piazza molto poco principessescamente e che teneva sulla punta del righello, piu' preciso che mai a distanza di anni gli disse), aspetto' e aspetto'.

D'altronde, col suo principe non era stato un frontale di corteccia cerebrale a 2 e 7? Dell'apache aveva solo lo sguardo, intrucinata nel suo passeggino dopo la forzata uscita a bracare, come diceva sua madre, per i giardini come il leoncello che, altrettanto torvo stava ruzzolando dalle scale della sua ala del maniero. Condominiale.

Gliela passarono. Il condominiale. Grazie anche alle buone maniere.

Nel frattempo, pero', non avendolo sentito tornare si era cautamente avventurata fuori e, cercatolo in lungo e in largo per il cortile, i cunicoli e gli scantinati, si ripromise, trovatolo di restituirgli il guanto che aveva notato sul selciato. Non rosso come quello della rosa lasciata da un altro rospo persistente - ti prego regina madre digli che non ci sono, nascosta dietro il vetro - o..ma questi sono altri rospi saltellanti sull'arco temporale, deflesso uno, seppur genuino, dal saggio consiglio paterno, ma di un giallo scuro paglierino.

Gira gira gira la vita. OH! OH! OH! E queste tre anime di rospetti da dove sono saltate fuori? Le accolse in mano a velo di stoppata e sorpresa respinta mulinante al tentativo di appoggio di un bacio sulla guancia e se li pose, poi, finalmente, in seno. A ripensarlo al tocco di palmo sembravano proprio figli di un ranocchio che si pensava un rospo. O rospo che si voleva credere ranocchio?

Intatto.Il guanto. 1982. In mente Dei.