Il sole rospo

15.10.2018

Ci mancava solo scivolare in questa bagnatissima, piovosisima e gramissima giornataccia.  

“Per Santa Caterina, acqua o nef o brina.”

IL SOLE ROSPO

Dunque, come tutte le mattine il nostro Sole faceva le bizze. Le stelle lo punzecchiavano. Forza su, era ora di sorgere. Lui non ne voleva sapere. Apriva un occhio poi l'altro e li richiudeva stretti stretti. Anche la luna doveva dargli un bel colpettino per farlo ruzzolare giu', pardon, su e poi, sempre con l'aiuto delle stelle che lo sostenevano, piano piano diventava sempre piu' giallo facendole scomparire nel cielo. L'ultima occhieggiava per un po' e poi scompariva. Sempre la prima a riapparire all'imbrunire per richiamarle all'ordine.

L'operazione era pero' ben diversa. Andava guidato perche' non ruzzolasse giu' in un attimo privandoci di tutti quei bei tramonti. Eh si', perche' lui sbuffava e si surriscaldava e poi raffreddava per surriscaldarsi un pochino sempre meno piu' si avvicinava al suo sospirato giaciglio.

Torniamo alla mattina di quel giorno. Non appena vide una nuvoletta, ci si nascose dietro e poi via via sempre saltellando dietro a questa o quella. Piu' erano in gruppetto piu' era felice. Visto da quaggiu', ne spuntava spesso solo qualche raggio.

Il Principe con la testa di burro se ne stava mogio mogio nel suo castello, in attesa di una bella giornata nuvolosa, ma nuvolosa nuvolosa, preferibilmente fatta di belle nubi spesse e scure. Almeno era sicuro di potersene uscire tranquillamente per un po'. Poco male se pioveva, coperto come era sotto il suo baldacchino. L'importante era che non facesse troppo caldo o si sarebbe sciolto.

Si mise i suoi stivaloni ed usci' di corsa giu' per le scale del maniero. SPLAFFETE qui SPLAFFETE la' ad un certo punto fu colpito da uno SPLASH.

Si scosse il mantello tutto inzuppato e, scuro come le nubi, fisso' lo sguardo sun un povero rospo che se ne stava incollato ad una palla.

"Mi scusi, mi scusi tanto"

E spari'.

Poco dopo la scena si ripete'. Una due tre quattro cinque volte. Il principe, stufato anche senza i raggi del sole, decise di seguirlo. Eccolo la', che se ne stava allegramente giocando con la principessa. Si volto'.

La pelle era bianca e morbida come il burro. I capelli gialli come la luna, quella luna che spesso guardava dalla finestra del torrione, insonne come era diventato. Non che non si facesse le sue ronfatine nelle ore piu' calde della giornata.

Il rospo lo guardo' indispettito, gelosissimo della sua bella. I due continuavano a fissarsi e non c'era verso di riconquistare l'attenzione della fanciulla. Allora il rospo mollo' la palla e saltello' via veloce come un fulmine, virando ora a destra ora a sinistra.

Busso' ad una quercia. Un vecchio gufo apri' la porta. Aveva un bel cappello da mago. Mago di aspetto e mago di licenza conferitagli da poco. Vi risparmiamo i dettagli della cerimonia.

Il rospo entro'. I due confabularono. Poi il gufo usci' con un librone. Si apposto' su un ramo. Fece cenno al rospo di posarsi in mezzo ai due. Non se ne sarebbero accorti lo rassicuro' il gufo. Bofonchiando fra se' e se' il rospo si posiziono' come da istruzioni.

TIFFE TOFFE SPLIFFE SPLOFFE

UN DUE TRE

La principessa si giro' verso il suo amato. Un rospo con la testa di burro.

Il principe? Se ne saltello' via felicissimo. Con quella testa di rospo sarebbe potuto uscire tutte le volte che voleva e avrebbe trascorso riposanti notti comodamente appoggiato ad una foglia di ninfea.