La cavallina che aveva ingoiato il vento

LA CAVALLINA CHE AVEVA MANGIATO IL VENTO

Correva, correva correva ed ogni tanto buttava un occhio al sole. Poi ricominciava a correre, a correre con la criniera al vento, ma il vento, lei ancora non lo aveva conosciuto.

La sera si addormentava sulla sabbia ancora tiepida e la mattina scuoteva la criniera alla prima brezza marina, con ancora impigliati i mille sogni e pensieri della giornata precedente. Giornate, settimane, mesi, anni.

"Ahi!" uno degli zoccoli le faceva male. No, non lo zoccolo, ma il muscolo della zampina anteriore destra. Cercò di rialzarsi, se la mise sotto la pancia, e provò ad appoggiare il muso, ma ancora le faceva male. Provò a distenderla, ma il muscolo le tirava. Non sapeva proprio cosa fare. Ed oggi, di correre, proprio non se ne parlava.

Lanciò un nitrito stizzito. Poi sentì qualcosa che la sollevava da sotto proprio sotto la pancia e che sbuffava. Sbuffava e piano piano si spostava ora di qua ora di là sollevandole i muscoli dei quarti posteriori, ora di una zampa ora dell'altra zampa. E sbuffava sempre.

Alla fine con un forte soffio che le fece stringere la pancia dalla paura, tirando un sospiro guizzò fuori e per non perdere l'equilibrio, si afferrò e avvinghiò alla zampina destra, che con uno scatto si piegò piazzando lo zoccolo al suolo.

La scosse tutta, dalla punta delle orecchie alla punta della coda. Si mise ritta sulle zampe posteriori e alzò quelle anteriori. Mai era successo prima. Agitò le due zampe davanti nell'aria e il malcapitato fu scagliato con vari avvitamenti in qua e in là. Fino a quando non andò ad urtare contro una montagna dalle cime bianche come il marmo che fino ad allora si era goduta la pace della zona.

Scossa, e anche un po' irritata, si era rifatta la cima proprio il giorno prima, si rivolse alle sue sorelle.

"Ma dico io! Che screanzato stamani. Prima ci accarezzava dolcemente le pareti e ora..." la guardavano corrucciate e più puntite che mai. Il vento si fermò un attimo in aria. Fece per rifugiarsi nella sua grotta, dove era solito scaricare i suoi brontolii di giornata, quando, aperta la bocca la cavallina che lo aveva seguito fino lì se lo divorò in un sol boccone.

E da quel giorno col vento in pancia, le zampe libere nell'aria, trovarono una nuova forza. Anche la criniera si era sciolta e non aveva più bisogno di scuoterla per liberarsi gli occhietti, pensò specchiandosi in un laghetto davanti a cui si era fermata anche per abbeverarsi e rinfrescarsi un po'.

Fece per spiccare il volo, ma la pancia si era appesantita. Dovrò imparare a camminare sulla terra pensò. E con prudenza e con cautela mise una zampa davanti all'altra, ponderando ogni passo fra le orecchie, pronte ad accogliere ogni suono ed ogni fruscio.

Crescere...per le bambine. Le prime tempeste. Tentazioni. Supporto materno.

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E uno ad uno presero il volo aprendo le ali e facendo grandi cerchi nell'aria frizzante della mattina. Impazienti di riprendere il lungo viaggio migratorio. I piu' piccoli guardarono i grandi per imparare le mosse della partenza e della tenuta in volo. Chi prima chi dopo si buttarono a capofitto dal nido e con qualche incertezza trovarono il loro equilibrio.

"Forza andiamo!" li becchettava il vecchio rondone. Tenendo la conta di chi era ancora rimasto alla base.

Finalmente tutti in volo. Dopo qualche ora, pero', due rondoni si buttarono in picchiata per recuperare la piccola per le ali. Distratta da una libellula, aveva perso la corrente ascendente e stava volteggiando verso il basso.

"Andiamo su!"

Ma la rondonina golosa stava ancora inseguendo uno sciame di moscerini e non ne voleva sapere di allinearsi con il gruppo. La voce dei genitori rondoni si fece sempre piu' lontana, fino a sparire fra le nuvole.

La rondonina si trovo' da sola sballottata di qua e di la' piu' dalle correnti interiori che dalle correnti esterne. Drizzo' le ali e volteggio' un po' nell'aria.

10 mesi. Non li avrebbe piu' rivisti fino ad allora. Sempre che tornasse al nido. Non era poi cosi' lontano e forse forse da sola si ricordava che tragitto avevano seguito.

Un'antenna, il lago, il tetto rosso, i tre camini a scalare. Finalmente ritorno' al nido. Sconsolata si mise a pensare dentro il calduccio dei rametti e delle piume rimaste dopo la partenza degli altri. Si addormento'.

"Guarda! Guarda!" fece il bambino dal giardino sottostante. "E' rimasta una rondoncina."

"No, non e' possibile."

"E invece si'."

E il bambino indico' in alto il beccuccio che spuntava dal sottotetto.

"Avra' fame?" e le portarono qualche vermettino trovato scavando nel giardino. Poi un po' d'acqua.

La rondoncina si avvicino' al bambino e gli becco' l'ultimo vermiciattolo che aveva in mano. Poi guardo' in alto un po' sconsolata e triste. E anche impaziente agitando le ali. No. Non era nata per starsene ferma in un nido. Doveva andare ma dove? Come li poteva ritrovare?

Guardo' coi suoi occhietti quelli del bambino che capi' subito. Come ritrovarli? Chissa' dove erano. Parlo' col padre che subito contatto' un amico ornitologo.

"Beh, si', possiamo seguire la rotta, pero' ormai saranno lontanissimi. Come li inseguiamo? Ci pensero'. Vi faro' sapere."

Il padre, poi, lo spiego' al figlio. Non c'era che farle un comodo nido e tenersela in camera fino alla mattina dopo.

Verso le 7 si senti' un insistente picchettio sulla finestra. Il bambino si alzo' e ando' a vedere. Un rondone stava battendo sui vetri e la rondoncina lo guardava da dentro tutta agitata.

"Ma guarda! sono venuti a prenderti."

La prese delicatamente fra le mani e la poso' sul davanzale. Il padre rondone lo guardo' fisso come a ringraziarlo, poi fece cenno alla piccola di seguirlo dispiegando le ali e buttandosi a capofitto nel vuoto dopo aver atteso la corrente giusta.

Il bambino li guardo' prendere il volo. Poi si riaggomitolo' sotto le coperte. Comincio' a sognare di volare come i rondoni. Apri' le braccia e mezzo addormentato comincio' a librarsi nel letto. Gira qui gira li'

PATAPUMFETE.

Si trovo' a terra. Rosso e dolorante piu' per l'imbarazzo che per la caduta.