Sbruffa
Uffa sbruffa uffa uffa
Sbruffa prese il suo carico e salutati gli altri se ne usci' dalla porticina. Sbruffa, lo gnomo cosi' chiamato in ragione del suo intercalare preferito.
Il tempo stringeva e la strada era lunga. Andava tanto di corsa che non apri' a dovere la porticina dell'uscio e fu cosi' che nel cercare di passarci una delle pagliuzze del cesto si attacco' alla maniglia e cadde.
Un uccellino lo raccolse subito e se lo mise sotto le piume. Poi un rametto, un altro rametto ed un altro rametto ancora. Fino a quando il peso non si fece sempre piu' difficile da trasportare. Intanto Sbruffa trotterellava veloce per la sua strada, buttando ogni tanto un occhio alla clessidra da taschino.
"No grazie no grazie Madama Funghetta. Non posso fermarmi da voi a bere una tisana. "
"Nemmeno oggi?"
"Nemmeno oggi" e la saluto' di fretta.
"Sei stanca Animuccia mia?" " No, non tanto. Vola vola che ti seguo."
"Ci fermiamo su quel faggio?" "Un po' piu' avanti su quell'olmo, Scapolino mio" come era solita chiamarlo nei momenti di piu' affettuosa tenerezza memore di quel giorno in cui si erano incontrati beccuccio a beccuccio a tirarsi lo stesso vermiciattolo. Tutto poi era finito, o meglio, cominciato presso il ruscello dove erano andati a bere. In presenza della Vecchia Cornacchia erano poi convolati, si puo' ben dire, a giuste nozze ed ora erano in viaggio per mettere su il proprio nido.
"Siamo lontani? Manca molto?"
"Non molto" rispose lui riaggiustandosi una penna. "Non molto". A dire il vero non sapeva nemmeno lui dove.
Troppo in collina. Non c'erano riserve di acqua nelle vicinanze. No, quel gruppetto di volpi non lo avrebbero fatto stare tranquillo mentre se ne andava in cerca di cibo per la famigliola. Quel bel prato verde? Scoperto, scopertissimo. Quel ramo aveva una bella vista, non c'era che dire, ma era troppo esposto. Anche alle intemperie.
Si fiondo' ad afferrare un altro rametto. Sbruffa trotterellava ansimando. Un altro. E un altro. E poi un altro. Ora si' che il carico si faceva sentire.
Si poso' in cima ad una cipressa. Quelle con la punta lunga affilata che vanno potate o si rischia che caschino quando ci sono forti venti.
Si guardo' tutto all'intorno e lo vide procedere lento con le orecchie grigie penzoloni e il muso che oscillava.
Un battito piu' deciso di ali e lo raggiunse. Poso' il suo carico in una delle due gerle. Poi, con una scusa, lo fermo'.
"Buon uomo, cioe', buon asino, bella giornata, oggi, non trova?"
L'asino raglio' un si' e mise avanti una zampa per continuare il cammino.
"Mi scusi sa, ma mi puo' dire se nel suo girovagare ha visto..." alzo' la codina pensieroso "se ha visto i tre porcellini?" Due ragli di diniego.
"I 40 ladroni? Altri due ragli.
I...e qui aiutelo voi Pollicini.
Sempre tenendo uno dei due occhietti sulla linea dell'orizzonte dietro di sé. Appena la vide, le fece cenno con l'ala di accovacciarsi nell'altra gerla.
"Molto molto gentile. Davvero di una gentilezza squisita. Le auguro buon viaggio" e agito' l'ala.
Poi continuo' a seguirlo facendo la spola fra l'asino e Sbruffa. Sbruffa fischiettava come i nani delle favole senza accorgersi che ormai non gli era rimasto che un rametto sulle spalle. Poi prese un viottolo e spari'.
"Alla buon'ora" muggi' il bue all'asino. "Un po' che ti aspettavo".
L'asinello raglio' a "che te devo raccontà" poi si mise seduto accanto al bue nella grotta. Appena i due si addormentarono, Scapolino mise fuori il capino e fece segno alla sua Animuccia di aspettarlo fuori su quel ramo. In men che non si dica fece un bel nido e si addormentarono.
La mattina dopo si sveglio' di malumore. "Certo, pero', che con tutti codesti belati..."
